Scegliere una delle frasi più blasfeme e forti del racconto non è una scelta, diciamo così, di “marketing”, ma una sorta di avvertimento per il lettore su quanto andrà ad affrontare. Un racconto crudo, disperato, dove il dolore – fisico, psichico – sfocia nell’insopportabile, travalicando gli schemi del rassicurante rapporto di fiducia tra lettore e scrittore.

Non ci sono schermature per il lettore in questo resoconto degli ultimi mesi di vita di mia madre visti attraverso i miei ricordi. Non si può uscire dalla lettura che turbati e disturbati. D’altronde, qualunque altra chiave narrativa mi sarebbe risultata inaccettabile. Mi è bastato cominciare a scriverlo per catapultarmi in un universo orrorifico dove niente mi sembrava potesse andare peggio di come stava andando, e ho sentito il dovere di proseguire dove mi portava l’onestà del ricordo. Prima di pubblicarlo, ho perlomeno eliminato diverse pagine di blasfemie, scene cruente, momenti estremi, ma il risultato è comunque a mio avviso molto forte e disturbante.

Sentivo la necessità di dedicare un racconto a mia madre “serio”, dopo averla resa protagonista di tante storie comiche, e l’ho fatto quando mi sono sentito pronto.

In realtà forse ancora non lo ero, forse non lo sarò mai, ma scriverlo mi è stato di conforto.

Il racconto, di una ventina di pagine, è scaricabile a questo indirizzo, gratis per gli abbonati a Kindle Unlimited e a 99 centesimi per tutti gli altri.

Sconsiglio la lettura a chi vuole leggere un racconto d’evasione, a chi è particolarmente sensibile alla blasfemia, a chi è particolarmente sensibile in generale.

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Di Dario